DIFFICOLTA’ O DISTURBO?

All’età di 6 anni i bambini iniziano un percorso scolastico in cui le richieste esecutive legate all’apprendimento aumentano in modo graduale sia quantitativamente sia qualitativamente. Il sistema esecutivo dei bambini deve far fronte, gradualmente, alla complessificazione dei saperi moderni che il sistema scolastico si propone di trasmettere loro. I nuovi contenuti scolastici, frutto di una conoscenza che negli ultimi anni è aumentata in modo esponenziale, però, spesso, sono presentati secondo metodologie didattiche che non sono altrettanto innovative. Esse continuano a porre l’accento sull’insegnamento piuttosto che sull’apprendimento. Affinché l’apprendimento sia significativo e non un sapere adesivo acquisito passivamente occorre rendere le nuove generazioni partecipi, attivi nella costruzione dei propri processi di apprendimento. Il panorama scolastico italiano non è uno dei più rassicuranti sotto questo punto di vista, tuttavia a fronte degli insuccessi scolastici di uno studente spesso sorge una domanda: difficoltà o disturbo?

La domanda, formulata in questo modo, risulta essere incentrata sul discente, ma l’apprendimento e l’insegnamento sono parti di un unico processo. È necessario spostare la domanda (difficoltà o disturbo?) al centro di un triangolo simbolico i cui vertici sono rappresentati da scuola–discente–famiglia. La scuola intesa come istituzione formativa/educativa responsabile del processo di insegnamento/apprendimento; il discente considerato con le sue reali potenzialità in relazione alla sua età e al suo sviluppo; la famiglia come il contesto socioculturale ed educativo in cui bambino è cresciuto e sta crescendo. La risposta deve essere cercata all’interno di questo triangolo considerando la valenza di ogni suo vertice e non di uno di essi solamente, anche nel caso di un disturbo specifico di apprendimento.

Proprio in questo intreccio emerge l’aspetto rilevante e facile da rilevare che, secondo gli psicologi Tressoldi e Vio, permette di distinguere un disturbo da una difficoltà: la resistenza al cambiamento. Per stabilire la presenza di una resistenza all’insegnamento è opportuno attivare, dopo una prima fase di insegnamento uguale per tutti gli alunni, una seconda fase di potenziamento delle proposte didattiche personalizzandole sui bisogni specifici dell’alunno. Se i risultati conseguiti dopo questo secondo intervento non sono soddisfacenti si può parlare di resistenza al cambiamento legata, probabilmente, alla presenza di un disturbo. L’intervento specialistico, secondo Tressoldi e Vio, dovrebbe essere richiesto non prima di 2-3 mesi di interventi didattici mirati e personalizzati per il recupero delle difficoltà di apprendimento.

Un’altra discriminante tra difficoltà e disturbo è rappresentata dalla misura dell’automatizzazione di alcuni processi legati all’apprendimento della lettura, della scrittura e del calcolo. Con il progredire dell’esperienza di lettura e scrittura i processi di trasformazione del linguaggio orale in linguaggio scritto e viceversa (dalla discriminazione visiva dei grafemi alla loro produzione scritta, dalla associazione dei grafemi con le corrispondenze fonologiche e viceversa) vengono eseguiti in modo sempre più rapido e meno controllato dall’attenzione. Il dato più evidente è il progresso della velocità di lettura e di produzione di grafemi dal primo anno della scuola primaria in poi. Per quanto riguarda la lettura di un brano, i dati italiani indicano una progressione di circa mezza sillaba al secondo per ciascun anno scolastico, almeno fino al terzo anno della scuola secondaria di primo grado. Per quanto riguarda la scrittura, invece, la progressione è di circa 10 grafemi all’anno. La velocità di lettura dei ragazzi con dislessia, invece, progredisce ad un ritmo di circa la metà dei normolettori. Questo è un segno della resistenza all’automatizzazione.

Difficoltà_Disturbo

Quindi, risulta fondamentale l’attuazione della fase di potenziamento in quanto solo di fronte al mancato miglioramento dei risultati dopo gli adattamenti didattici personalizzati è possibile richiedere un intervento diagnostico e specialistico per accertare la presenza di un disturbo. Questo è quanto stabilito, inoltre, dall’Accordo sancito fra Stato e Regioni nel luglio 2012 in merito alle “Indicazioni per la diagnosi e la certificazione dei Disturbi specifici di apprendimento (DSA)”. L’articolo 1 di tale Accordo decreta, infatti, «che il percorso diagnostico deve essere attivato solo dopo la messa in atto da parte della scuola degli interventi educativo-didattici previsti dall’articolo 3, comma 2, della legge 170/2010, e in esito alle procedure di riconoscimento precoce, di cui al comma 3 del medesimo articolo 3».

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Bibliografia
TRESSOLDI Patrizio E. – VIO Claudio, È proprio così difficile distinguere difficoltà da disturbo di apprendimento?, in Dislessia, vol. 5, n. 2, maggio 2008 (pp. 139-147), Erickson, Trento